Tra il dire e il fare… è sempre più facile il dire

 

Lo abbiamo detto, scritto e riscritto decine di volte. Ormai ce ne siamo anche stancati, a dire il vero…

L’ansia da prestazione muscolare, la compulsiva tendenza a intervenire su ogni cosa, a mettere la firma, a denigrare l’altro… Insomma, quella famosa “annuncite” di cui abbiamo abbondantemente parlato, spesso nasconde preoccupazioni diverse, latenti o che rischiano di diventare i famosi nodi che prima o poi arrivano al fatidico pettine.

È accaduto anche in occasione della recente manifestazione contro le ventilate ordinanze balneari sul “dress code Marina Julia” che ormai ci ha resi famosi in tutta Italia e oltre. Con i manifestanti ancora gioiosamente presenti in spiaggia, il Sindaco parte con il primo post della mattina. Un’accozzaglia di sgrammaticature, luoghi comuni, falsi già smascherati da anni, richiami all’acclamazione popolare. Insomma, il meglio del repertorio di quella destra dannosa cui ci siamo abituati.

Facciamo un po’ d’ordine.

La manifestazione

L’idea nasce da A.M.I., da anni attivissima sul fronte dell’integrazione e della convivenza multietnica. Aderiscono altre associazioni, formazioni politiche e liberi cittadini. Ci si trova domenica mattina. Il clima è sereno, tranquillo e festoso. La manifestazione, secondo me, viene un poco fraintesa e stiracchiata verso argomenti che non erano all’ordine del giorno, ma ci sta. Alcuni aderiscono con convinzione, altri la collocano nel più complesso tema della parità di genere, altri ancora, ed eccoci arrivati all’attualità, ne fanno una polemica politica sotto il segno dalla lesa maestà.

Esce subito un post del Sindaco infarcito di immagini false (“mandate da un amico”… Eh, gli amici!) e di propaganda di ogni sorta. I numeri “della polizia”, “la provenienza dei manifestanti”, le “bandiere” politiche, poi il “plebiscito delle ultime elezioni” fino ad arrivare all’“islamizzazione”, che deve essere l’ultima parola di tendenza nel vocabolario del bravo leghista.

La fretta, si sa, spesso genera pasticci. E così partono modifiche e correzioni. Uno stillicidio, perché quel che comincia male, spesso finisce peggio. Ci mette una pezza nel pomeriggio l’intellighenzia di Palazzo che fa uscire un post riparatore, altrettanto propagandistico, ma almeno leggibile.

Il contesto

L’argomento stranieri è il piatto preferito della propaganda leghista e della destra più destra. Dice il Sindaco che “a Monfalcone sono residenti 4.800 bengalesi e di questi lavorano poco più di 1.700” e cioè, calcoliamo noi, più del 35%. Un dato in linea, visto che la percentuale degli occupati sulla popolazione totale in Italia è del 39%. Aggiungiamo che il 22,5% degli stranieri sono minori di 15 anni (vanno a scuola, che nonostante le difficoltà rimane il migliore strumento di integrazione). Un altro 2,1% sono persone ultra 65.enni. Vi lasciamo liberi di fare i conti sulla popolazione attiva occupata e di conseguenza sulle questioni welfare, sanità, istruzione e lavoro.

Un passo indietro.

“Ieri un momento importante. Ho rappresentato la nostra città”: così il Sindaco alla cerimonia di consegna dell’ultimo gioiello prodotto dallo stabilimento di Fincantieri: una scommessa non banale per la tipologia di nave e per la particolarità del prodotto.

Ma quale città ha rappresentato il nostro Sindaco? Crediamo che avrebbe dovuto rappresentare la città reale, quella con tutti gli stranieri residenti, anche perché molti di questi (bengalesi inclusi) lavorano proprio alla costruzione delle grandi navi. È dunque la città dei lavoratori, di tutti i lavoratori, diretti e indiretti, che è stata rappresentata dal Sindaco in fascia tricolore?

Noi abbiamo qualche dubbio che l’intento fosse questo, anche se sappiamo bene che senza questo apporto di manodopera le navi, a Monfalcone, non si potrebbero fare. Ora, qualcuno (lo si sente dire in giro) immagina una città senza cantiere… Il problema è che Monfalcone senza Fincantieri diventerebbe una terra di desolazione economica in un attimo. Negozi, case, affitti, commercio, punto nascita, scuole, lavoro… E aggiungete pure voi quello che volete. Senza cantiere sarebbe alquanto grave.

Lavorare per migliorare il funzionamento e l’impatto della grande fabbrica è doveroso. Costruire alternative economiche è corretto. Pensare di sostituire il cantiere è alquanto utopistico. Comunque, andiamo avanti…

Una precisazione.

Non vorremmo ora che i lettori fossero indotti a pensare che secondo noi va tutto bene. Purtroppo non è così.

Le dinamiche dell’immigrazione sono faticosissime e incidono molto sulla città. La condizione delle donne in città è ancora lontana dall’auspicabile, non nel senso dei vestiti che indossano, ma piuttosto della libertà di poterli scegliere senza incorrere in fastidiose conseguenze. Il livello di accettazione delle diversità è ai minimi, e questo ha molto a che vedere con gli “oriundi” e con la propaganda degli ultimi anni.

Noi, sul tema, qualche proposta l’abbiamo fatta, quando ci è stato chiesto. Attendiamo sempre fiduciosi.

Proviamo ora a concludere.

La verità è che questa dell’abbigliamento balneare è una ciliegina sulla torta della propaganda leghista.

In un momento nel quale molti nodi stanno arrivando al pettine, ecco che la distrazione di massa cade a fagiolo.

Dice il sindaco: “Affrontiamo i problemi, non nascondiamo la testa sotto la sabbia”. Eh, cara prima cittadina, mai excusatio fu meno petita… Ed è proprio nelle sue parole che sta nascosto il vero pensiero, quando ci dice che “Lo sto facendo non con l’autoritarismo di stampo fascista, come da sinistra mi si accusa, ma con il consenso plebiscitario dei miei concittadini”.

Il consenso si manifesta nelle elezioni, anche sulla base delle promesse. Bene: ha promesso e ha avuto il consenso. Ma è poi nei fatti concreti che si manifesta la buona amministrazione.

Oggi Monfalcone annaspa tra problemi sempre più pressanti e “dossier” aperti per motivi di propaganda e ora difficili da risolvere.

La questione migratoria (“basta stranieri!”) è peggiorata; il commercio langue (“rilanceremo”); la piazza che doveva essere il timbro identitario appare come una desertificazione del centro; la demografia ci dice che tolti gli stranieri ci troveremmo in un collasso dei residenti; “ordine e decoro”, ve li ricordate, paiono un miraggio irraggiungibile; il centro è spento che più spento non si può… ecc., ecc.

In compenso abbiamo una nuova centrale, a combustibili fossili; abbiamo compromesso le collaborazioni coi comuni limitrofi; abbiamo complicato oltremisura i rapporti con le partecipate (e ora spenderemo fior di quattrini per uno studio su ISA…); abbiamo ristretto la possibilità di azione della Commissione di controllo; la grande fabbrica continua nelle sue politiche (ricordate le “schiene dritte” e i “pugni sul tavolo”?), ecc., ecc.

Insomma, più che “affrontare i problemi e non nascondere la testa sotto la sabbia”, ci pare più appropriato dire “(cerchiamo di) tenere la testa alta nascondendo i problemi sotto la sabbia”.

Con buona pace dei fan leghisti plaudenti sull’arenile della spiaggia più a nord del Mediterraneo…

 

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