La Giornata mondiale senza tabacco 2024. L’Europa ha deciso: chi inquina, paga

Nella Direttiva Europea sulla plastica monouso del 2019/904, trasformata in D.L. n. 196 l’8 novembre 2021, entrato in vigore il 14 gennaio 2022, viene posto anche il tema del tabacco con filtri e filtri commercializzati in combinazione con i prodotti del tabacco.

A tale riguardo, nel decreto sono previste alcune decisioni che ora si dovranno applicare. Di particolare importanza la “Responsabilità estesa del produttore”. La direttiva si basa sul principio “chi inquina paga”: pertanto, i produttori dovranno coprire i costi riguardanti la raccolta dei rifiuti, delle cicche, e le misure di informazione e di sensibilizzazione verso comportamenti responsabili.
In Spagna è stata approvata una legge specifica entrata in vigore il 6 gennaio 2023. Anche in Francia sono sulla stessa linea, con l’ulteriore obiettivo di ridurre il consumo di sigarette del 40% in sei anni. In Italia siamo fermi al lavoro svolto da Mare Vivo con i progetti “piccoli gesti, grandi crimini” in sette città, mentre a marzo 2023 il ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste ha firmato tre accordi con le multinazionali Philip Morris, British American Tabacco, Japan Tabacco International per la “più rilevante fornitura di tabacco a livello europeo”. Niente per la protezione della salute e dell’ambiente, della sicurezza. Niente applicazione della direttiva europea e del Decreto legislativo.
Ricordo di cosa si parla: i filtri delle sigarette nei primi anni del secolo scorso erano costituiti prevalentemente da cellulosa, mentre oggi sono costituiti da una sostanza molto più resistente e non degradabile, l’acetato di cellulosa, una fibra artificiale composta da cellulosa e anidride acetica. I due composti singolarmente hanno origini nobili, ma insieme formano una fibra molto resistente sia in campo tessile che nella composizione dei filtri delle sigarette. Data la sua struttura chimica, la biodegradabilità di tali filtri può essere anche di quindici anni.
In Italia si fumano 75 miliardi di sigarette all’anno, di cui un terzo finisce nei rifiuti, due terzi nell’ambiente. Nel mondo vengono abbandonati 4,5 trilioni di cicche. Se pensiamo che una singola cicca può contaminare fino a 1000 litri di acqua, possiamo comprendere l’immane portata delle conseguenze. Infatti, dallo studio condotto dall’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA) emerge che l’uso voluttuario del tabacco comporta l’emissione nell’ambiente di “più di 4000 sostanze chimiche, molte delle quali ad azione irritante, nociva, tossica e cancerogena”. Durante la fase di combustione della sigaretta una parte importante degli agenti chimici prodotti viene inalata dal fumatore, una parte immessa nell’ambiente con la cenere. La porzione di sigaretta non fumata e il filtro costituiscono quella che comunemente viene chiamata cicca. Quindi nelle cicche si trovano moltissimi inquinanti chimici, come nicotina, benzene, arsenico, ammoniaca, acido cianidrico, formaldeide, composti organici volatili, polonio-210 e acetato di cellulosa. Tenuto conto del consumo annuale di sigarette in Italia, è stato calcolato che il carico nocivo immesso con le cicche nell’ambiente ammonta a diverse centinaia di tonnellate.
Pertanto le cicche di sigaretta costituiscono a tutti gli effetti rifiuti pericolosi. Sulla base della normativa inerente la classificazione delle sostanze pericolose queste dovrebbero essere qualificate come “rifiuti tossici” e come tali dovrebbero essere trattate. Quindi, affrontare il problema solo dalla parte dell’abbandono delle cicche per ridurre il conseguente “inquinamento”, nonostante la gravità, è riduttivo, limitato rispetto a un “avvelenamento” massiccio delle persone, dell’ambiente, del pianeta. Come riduttivo è affrontarlo solo con i divieti.
Oltre alla deforestazione di milioni di alberi (ogni 300 sigarette-15 pacchetti, si consuma un albero per il processo di essicazione delle foglie), allo sfruttamento dei terreni per la monocoltura a tabacco, al consumo enorme di acqua (3,7 litri per sigaretta), ai costi per l’eliminazione delle cicche calcolati in 20 euro per cittadino, oltre a tutto ciò, ricordo gli ingenti costi sostenuti dalla sanità pubblica: l’OMS stima che ogni anno, nel mondo, più di 8 milioni di persone muoiono a causa del consumo di tabacco.
Mettendo al centro la protezione della salute della persona e del pianeta, si deve intervenire in diversi campi: legislativo, informativo, della corresponsabilità, della raccolta e della trasformazione delle cicche.
Obiettivi legislativi: definire il costo del prodotto tenendo conto dei costi sostenuti dalla società; vietare la commercializzazione di sigarette e prodotti affini dotati di filtri non biodegradabili; indicare sulla confezione la composizione dei filtri, compresi quelli importati; riconoscere le cicche come rifiuti tossici.
Obiettivo raccolta differenziata: responsabilizzare il fumatore dotandolo di un contenitore-portacicche riutilizzabile, gratuito.
Obiettivo informazione e sensibilizzazione: sulle responsabilità dell’avvelenamento del pianeta, sulle gravi conseguenze dell’abbandono delle cicche, sulla partecipazione “obbligatoria” al percorso di raccolta delle cicche.
Obiettivo investimenti sulla ricerca: su progetti per la trasformazione di questo prodotto. Esistono già alcune realtà che con un milione di cicche producono oltre 200 chili di plastica.
Obiettivo responsabilità estesa del produttore: far pagare i costi della sensibilizzazione dei cittadini, della pulizia, della raccolta. Già in vigore in Spagna e Francia.
Luigino Francovig

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