Aspettando l’8 e il 9 giugno: I valori che vogliamo

 

I valori che vogliamo

Le elezioni europee sono alle porte e, dal momento che la comunità monfalconese vi esprime un candidato, vale certamente la pena di parlarne.
Il candidato è il sindaco della Lega Anna Cisint, che ha intrapreso una campagna di contrasto alle comunità musulmane – che rappresentano un terzo della popolazione – in nome di una pretesa difesa dei “nostri” valori e delle “nostre” tradizioni. Viene da chiedersi pertanto in quale modo questa persona intenda porsi in Europa, ove venisse eletta, e quali valori intenda portare a Bruxelles in rappresentanza delle nostre comunità.
Il Parlamento europeo, infatti, detta le linee guida delle politiche e i principi sulla base dei quali l’Europa si deve muovere, non è un organo esecutivo. In Italia spesso confondiamo governo e parlamento, in Europa il Parlamento è chiamato ad approvare o non approvare le leggi proposte dalla Commissione europea.
Quindi, sebbene il Sindaco di Monfalcone abbia costruito un ampio consenso personale sulla base delle proprie competenze in qualità di amministratore, tutto questo a Bruxelles servirà a poco.
Quello che viene richiesto a un deputato europeo è di portare i principi e i valori del popolo italiano nella votazione delle leggi. Ovviamente ciascuno dei deputati porterà i valori nel modo in cui è politicamente orientato; quindi, è lecito chiedersi quale contributo possa offrire il candidato monfalconese.
Lo slogan del suo manifesto elettorale richiama il titolo dell’operazione editoriale posta in essere in tempi e modi che preludevano a una candidatura europea, “Ora basta anche in Europa”, e fa intendere che il tema principale a Bruxelles sarebbe il contrasto alle comunità musulmane in tutta Europa.
Ora, certamente il modo nel quale è stata gestita, o non è stata gestita, l’immigrazione in Europa è un problema. Ma dovrebbe essere altrettanto chiaro che questo problema non si può risolvere ghettizzando le persone. A Monfalcone reali problemi di tensione sociale con la comunità musulmana non se ne sono visti: rappresentata quasi interamente da immigrati di origine bengalese, è una comunità pacifica e laboriosa, che sino a ora ha sopportato con pazienza tutte le problematiche insorte a causa dell’operato dell’Amministrazione comunale.
Ma in Europa le cose vanno alquanto diversamente e i musulmani cominciano a essere una trentina di milioni, circa il 6,7% della popolazione europea, e non tutti sono pacifici e tranquilli come i bengalesi. È necessario attivare politiche volte all’inclusione, capaci di favorire la deradicalizzazione ove esistente, di creare i presupposti per una coesistenza pacifica e proficua per tutti.
I proclami e gli slogan, uniti ad atteggiamenti di chiusura, possono portare a gravi tensioni sociali. Naturalmente alcuni atteggiamenti in tal senso, adottati a scopo propagandistico ed elettorale, sono suscettibili di creare facile consenso tra chi si illude di poter risolvere il problema in maniera autoritaria, tra chi pensa che ci possano essere soluzioni semplici a problematiche complesse. Ma è chiaro che si tratta di illusioni. I musulmani che vivono in Europa e in Italia non se ne andranno. E non si rassegneranno al divieto di riunirsi per pregare. Gli slogan semplicistici che dichiarano che “ognuno può pregare a casa sua” non tengono conto che quella musulmana è una religione sociale e quindi i musulmani hanno bisogno degli incontri comunitari.
Vale la pena perciò interrogarsi se sia il caso di inviare in Europa persone che hanno questo tipo di valori (o disvalori) e questi atteggiamenti di chiusura. Peraltro, il motto della Lega è: “Più Italia meno Europa”, che sembra voler suscitare l’illusione che l’Italia possa fare a meno dell’Europa o che possa non tener conto delle direttive comunitarie. Non è così. L’Italia non può uscire dall’Europa perché non può permetterselo economicamente. Tanto per dirne una: il debito pubblico italiano, uno dei più alti al mondo, è espresso in euro, ce lo ricordiamo? E non si può disobbedire alle direttive comunitarie perché altrimenti si viene sanzionati, attraverso multe o il taglio dei fondi. Perciò pensare di andare in Europa a dettare legge è una sparata elettorale.
Si può invece tentare di costruire un percorso, dando il proprio contributo per un’Europa migliore. Negli anni i nostri parlamentari europei troppo spesso si sono distinti per assenteismo o per insufficiente conoscenza delle problematiche che affrontavano (ci ricordiamo il problema delle quote latte?). Per cui sarebbe il caso di inviare in Europa persone competenti, capaci di capire le problematiche complesse e lavorare seriamente per dare loro soluzioni durature. Ovvero persone con valori affini a quelli espressi nel Trattato sull’Unione europea, condivisi da tutti gli Stati membri e che assicurano che nella società prevalgano il pluralismo, la tolleranza, la giustizia, la solidarietà, la non discriminazione e l’uguaglianza. Valori. Non disvalori. Che sono alla base dell’Europa come la vogliamo, come deve essere.
Massimo Bulli

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