Giacomo Matteotti, il 30 maggio il ricordo nel centenario della morte

Il prossimo 30 maggio, l’Associazione Culturale Apertamente, in collaborazione con la Fondazione Roberto Visintin, organizza un incontro in ricordo di Giacomo Matteotti, a cento anni esatti dall’intervento del deputato socialista alla Camera dei Deputati, nel quale denunciava i brogli durante le elezioni politiche del mese precedente.

Sarà l’ultima volta che Matteotti interverrà in aula.  Il 10 giugno verrà rapito e ucciso dalle camicie nere.

L’incontro di Gradisca, introdotto da Giulia Castellan , vicepresidente di Apertamente, prevede l’intervento di Andrea Zannini, Docente di Storia moderna all’Università di Udine e membro del comitato scientifico di èStoria. La sindaca Linda Tomasinsig porterà i saluti dell’Amministrazione comunale di Gradisca d’Isonzo.

I fatti:

Il 6 aprile del 1924 si erano svolte in Italia le elezioni politiche per la Camera dei deputati. Alla consultazione parteciparono 23 liste con 1306 candidati.

Il 30 maggio 1924, al momento di convalidare le decisioni della giunta delle elezioni, diversi parlamentari di minoranza segnaleranno proteste per le modalità di voto in alcune circoscrizioni (Abruzzi, Campania, Calabria, Puglie e Sicilia), presentando una richiesta per il rinvio degli atti alla giunta.

La richiesta sarà negata dalla Camera e sarà approvata in blocco l’elezione dei componenti la maggioranza.

“Voi che oggi avete in mano il potere e la forza – diceva Giacomo Matteotti il 30 maggio alla Camera – voi che vantate la vostra potenza, dovreste meglio di tutti gli altri essere in grado di far osservare la legge da parte di tutti. Voi dichiarate ogni giorno di volere ristabilire l’autorità dello Stato e della legge.

Fatelo, se siete ancora in tempo; altrimenti voi sì, veramente rovinate quella che è l’intima essenza, la ragione morale della nazione”.

“Se la libertà è data – proseguiva il deputato socialista – ci possono essere errori, eccessi momentanei, ma il popolo italiano, come ogni altro, ha dimostrato di saperseli correggere da sé medesimo. Noi deploriamo invece che si voglia dimostrare che solo il nostro popolo nel mondo non sa reggersi da sé e deve essere governato con la forza. Molto danno avevano fatto le dominazioni straniere. Ma il nostro popolo stava risollevandosi ed educandosi, anche con l’opera nostra.  Voi volete ricacciarci indietro. Noi difendiamo la libera sovranità del popolo italiano al quale mandiamo il più alto saluto e crediamo di rivendicarne la dignità, domandando il rinvio delle elezioni inficiate dalla violenza alla Giunta delle elezioni”.

Si racconta che a chi si congratulava con lui per quelle parole pronunciate alla Camera Matteotti avesse risposto sorridendo: “E adesso potete preparare la mia orazione funebre”. Parole tristemente profetiche.

Il 10 giugno 1924 Giacomo Matteotti viene rapito e ucciso dai fascisti. Nonostante le ricerche ininterrotte, il suo corpo sarà ritrovato per caso solo il 16 agosto nei pressi del comune di Riano dal cane di un brigadiere dei Carabinieri in licenza (il cadavere era ormai in avanzata fase di decomposizione, quindi fu necessaria una perizia odontoiatrica per il riconoscimento).

Il 20 agosto alle ore 18, solo quattro giorni dopo il ritrovamento, partirà da Monterotondo il treno che riporterà a Fratta Polesine la bara con la salma. Migliaia di lavoratori, operai e contadini assiepati ai bordi della ferrovia renderanno omaggio in silenzio alla salma.

Il giorno prima dei funerali la vedova aveva scritto al ministro dell’Interno Federzoni chiedendo che al funerale non fossero presenti esponenti del Pnf e della milizia:

“Chiedo che nessuna rappresentanza della milizia fascista sia di scorta al treno: nessun milite fascista di qualunque grado o carica comparisca, nemmeno sotto forma di funzionario di servizio. Chiedo che nessuna camicia nera si mostri davanti al feretro e ai miei occhi durante tutto il viaggio, né a Fratta Polesine, fino a tanto che la salma sarà sepolta. Voglio viaggiare come semplice cittadina, che compie il suo dovere per poter esigere i suoi diritti; indi, nessuna vettura-salon, nessun scompartimento riservato, nessuna agevolazione o privilegio; ma nessuna disposizione per modificare il percorso del treno quale risulta dall’orario di dominio pubblico. Se ragioni di ordine pubblico impongono un servizio d’ordine, sia esso affidato solamente a soldati d’Italia”

(la lettera di Velia Matteotti sarà pubblicata su Corriere della Sera del 20 agosto 1924) “.

 

 

 

 

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