25 Aprile, il discorso di Cisint

Abbiamo assistito alle celebrazioni per il 25 Aprile a Monfalcone. Una manifestazione ordinata e partecipata, seguita da molte persone, esponenti di associazioni con i labari, e da una non piccola rappresentanza dell’Amministrazione comunale capeggiata dal Sindaco, che l’ha seguita con solennità e che l’ha conclusa con un suo intervento.

Fa piacere la presenza delle autorità, fa piacere l’atteggiamento di rispetto dimostrato per tutto il tempo della manifestazione, dispiace che il discorso pronunciato dal Sindaco sia stato ben poco in linea con i principi fondanti di questa celebrazione.

Il modo in cui l’argomento è stato trattato rivela un atteggiamento di difficoltà a confrontarsi con l’antifascismo che sta alla base dello spirito del 25 Aprile, condiviso peraltro con gli esponenti della maggioranza che governa il Paese e con il suo partito di appartenenza.

Il discorso non è stato pronunciato a braccio, come d’abitudine per il Sindaco, bensì letto e scandito in ogni passaggio; ha esordito con la frase “Il 25 Aprile è la festa della libertà ed è la festa in cui dovremmo dobbiamo possiamo riconoscerci collettivamente”.

La festa della Libertà, non della Liberazione.

Non è una distrazione lessicale (la parola Liberazione non viene MAI pronunciata in tutto il discorso), ma l’espressione di un concetto che era già stato formulato quindici anni fa, nel 2009, dall’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi in un discorso tenuto a Onna, un paesino vicino l’Aquila colpito dal terremoto.

Berlusconi definì il 25 Aprile la “festa di chi ama la libertà” e parlò di “un nuovo inizio della nostra democrazia repubblicana, dove tutte le parti politiche si riconoscano nel valore più grande, la libertà, e nel suo nome si confrontino per il bene e nell’interesse di tutti”.

Questo concetto vuole spostare il tema della celebrazione dalla Liberazione, che è stato il coronamento della lotta contro il fascismo, la conclusione di un processo storico che ha la sua base politica e morale nella Resistenza, a un generico concetto di Libertà.

Non è cosa da poco.

La Libertà è importante, come è stato ripreso diverse volte anche in questo discorso, ma il 25 Aprile NON è la festa della Libertà, intesa come concetto, ma è la commemorazione della Liberazione, ovvero di quel momento storico nel quale l’Italia si riscattò dal fascismo e riprese la strada della Democrazia. E questo è fondamentale anche per comprendere il senso del proseguimento della frase “la festa in cui dovremmo dobbiamo possiamo riconoscerci collettivamente”.

Non è una festa, è una commemorazione, una celebrazione, e in essa possiamo riconoscerci tutti, ma proprio tutti, a condizione però di essere antifascisti.

Perché, se è ben vero che nel concetto di libertà ci troviamo tutti, nel concetto di Liberazione, intesa come liberazione dal Fascismo, non tutti si trovano a proprio agio.

La Destra sembra fare molta fatica a prendere le distanze dal fascismo, questo lo sappiamo. Nel discorso di Berlusconi allora, in quello del Sindaco oggi, si insiste molto sul concetto “che sia una festa di tutti”.

Ma bisogna uscire dall’ambiguità: la libertà è un concetto in cui ciascuno si riconosce a modo suo, la Liberazione è antifascista.

Chi non è antifascista, non è nello spirito della Liberazione e del 25 Aprile.

Il che, attenzione, non significa, come è stato detto spesso, che qualche partito o formazione politica voglia appropriarsi della festa della Liberazione.

Essere antifascisti non significa essere di questo o quel partito: significa essere contro il fascismo.

Perché questo è il 25 Aprile.  Non è la fine della guerra, la data di una battaglia, è la celebrazione della vittoria contro il fascismo. Quindi chi non si dichiara antifascista, non viene escluso bensì si esclude da solo perché non ha i requisiti per celebrare l’antifascismo e quindi il 25 Aprile.

Non sfugge, nel prosieguo del discorso, che sia stata riproposta una frase della Medaglia d’Oro della Resistenza Paola Del Din, nella quale l’eroina di guerra dichiarava di preferire il termine “patriota” a quello di “partigiana” “perché la libertà è di tutti”.

Non sfugge come in diversi passaggi si siano volute citare le forze armate che hanno concorso alla liberazione del Paese e meno i partigiani: “Perché per questo obiettivo si sono spesi ed hanno combattuto generosamente tante diverse realtà compiendo il loro dovere sino all’estremo sacrificio. Formazioni partigiane, unità delle forze armate, combattenti della forza di liberazione inquadrati nei reparti dell’esercito, combattenti alleati, militari e civili passati attraverso le prove della prigionia e dell’internamento”.

Infine, ultimo ma non ultimo, va osservato che in tutto il discorso, durato una decina di minuti, mai, in nessun passaggio, in nessuna frase, è stata pronunciata la parola antifascismo, o antifascista. Mai.

Il discorso del Sindaco è stato accomodante, ha parlato molto di pace, ha raccontato diversi disagi della guerra. Ma non ha saputo o voluto cogliere lo spirito del 25 Aprile.

E questo deve fare riflettere.

Tutti.

Massimo Bulli

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