Cosa nasconde il velo della propaganda? L’editoriale di ottobre de Il Monfalconese

Cari lettori, in attesa dell’uscita del numero di novembre de Il Monfalconese , condividiamo con voi gli articoli più interessanti del numero di ottobre (a proposito, il numero di ottobre lo trovate qui.)

Cosa nasconde il velo della propaganda?

La propaganda funziona. E funziona benissimo, almeno per un certo tempo. Ogni inaugurazione, ogni annuncio, ogni post ben costruito può coprire le crepe, nascondere le carenze, oscurare il disagio. Ma arriva sempre un momento in cui il velo si lacera, e ciò che si vede sotto è la sostanza. O, in certi casi, la sua assenza.
A Monfalcone, dopo nove anni di amministrazione di destra, è arrivato il momento di porsi una domanda molto semplice: la vita dei monfalconesi è davvero migliorata in questi nove anni?
Certo, qualcosa si è mosso. L’amministrazione rivendica opere e cantieri: scuole, piazze, rotonde, palafitte sul mare. Ma l’elenco da solo non basta. Perché la gran parte di questi interventi è stata resa possibile da una congiuntura esterna irripetibile, e non dalle tanto millantate “straordinarie capacità”.
Dopo il 2020, l’Italia ha ricevuto oltre 200 miliardi di euro dal PNRR, vincolati a progetti di rigenerazione urbana, edilizia scolastica, mobilità sostenibile. Già dal 2017, lo Stato aveva allentato il Patto di stabilità per i Comuni, consentendo nuove spese. Il nuovo Codice degli appalti ha poi accelerato i tempi e semplificato le procedure. Anche la Regione FVG ha garantito trasferimenti straordinari agli Enti locali. Insomma: un flusso imponente di fondi pubblici ha investito tutti i Comuni, Monfalcone compresa.
Inoltre, molte delle opere portate a termine sono state avviate in continuità con le precedenti amministrazioni. Non è una colpa, sia chiaro, ma è scorretto spacciarle come frutto di una visione politica originale ed esclusiva.
Ma c’è di più. Una città non vive di mattoni, né si misura in portoncini, asfalti o aiuole. Vive nella qualità delle relazioni sociali, nella cura dei più fragili, nella tenuta dei servizi pubblici, nello sviluppo omogeneo e coordinato. E su questo fronte, il bilancio è assai più povero.
La politica sociale è stata ridotta, l’integrazione ignorata o strumentalizzata. Centinaia di famiglie sono rimaste escluse da nidi e scuole dell’infanzia. Gli spazi per l’infanzia e la socialità sono stati sacrificati o smantellati. La vita culturale si è appiattita tra saggi autoprodotti e celebrazioni dannunziane, la partecipazione civica ridotta anche con improbe revisioni dei regolamenti sui rioni, il dissenso isolato, condannato a priori e talvolta schernito.
In nove anni, si è affermato un modello che ha privilegiato l’immagine sulla sostanza. Un governo che divide invece di unire, che cerca il consenso facile invece della responsabilità.
Ma la distanza tra ciò che l’amministrazione racconta e ciò che i cittadini vivono cresce ogni giorno. E questa distanza, prima o poi, si paga.
Monfalcone merita di più. Più ascolto. Più visione. Più umanità.
Perché amministrare non è comandare. È costruire insieme.

La Redazione

Torna in alto