L’elefante (pur di non partorire un topolino) ha deciso di abortire.

Il Consiglio comunale straordinario su Fincantieri, l’elefante tanto annunciato, si è chiuso come da copione: una grande montagna di retorica costruita sul vuoto dei contenuti; un effetto a sorpresa con annessa videoproiezione (non annunciato, ma che fa tanto Hollywood) e un topolino come risultato finale.
Anzi, neppure quello: il topolino non è nemmeno nato.
Perché? Perché, pur di non rischiare di partorire qualcosa di vivo, la maggioranza, con la semi-tacita accondiscendenza dell’opposizione, ha scelto l’aborto politico
preventivo.
Doveva essere il giorno della verità, quello in cui il Consiglio si confrontava finalmente con il colosso industriale che da decenni detta i tempi e i ritmi della città.
Doveva essere un dibattito aperto, pubblico e costruttivo.
Doveva essere un’occasione per mettere a sistema le necessità dell’impresa, quelle dei lavoratori e quelle della città.
Un menù da pranzo di nozze, insomma. Un’occasione ghiotta per tutte i convitati: il momento nel quale avrebbero potuto cadere alibi e posizioni fittizie. Non una resa dei conti, quindi, ma una pubblica manifestazione di contenuti valoriali, strategici e di prospettiva.
Invece è diventato il giorno della resa preventiva: la maggioranza – la stessa che governa a Roma e che controlla Fincantieri tramite Cassa Depositi e Prestiti – ha preferito anestetizzare il dibattito, svuotando entrambe le mozioni sul tavolo per arrivare a un testo di “sintesi” che non disturba nessuno, e soprattutto non imbarazza il Governo amico.
Sono stati abili, va detto, d’altro canto è esattamente ciò che fanno da dieci anni: dichiarazioni roboanti, pugni sul tavolo e schiene dritte, tavoli ministeriali e gran proclami che hanno portato un unico risultato: lasciare che le cose andassero esattamente verso quel modello che a parole volevano cambiare… e il tutto a prescindere dagli interessi della città.
E così, l’opposizione, che aveva chiesto l’audizione pubblica di Fincantieri in aula, è stata dolcemente addormentata con la promessa di “trovare una quadra”, fino a risvegliarsi in un Consiglio dove il dibattito è stato ridotto a formalità, e la mozione finale è servita solo a togliere le castagne dal fuoco alla Lega. Un capolavoro di autocensura istituzionale: evitare di discutere di Fincantieri… proprio nella seduta dedicata a Fincantieri.
Il risultato?
Una mozione che non impegna nessuno non cambia nulla e, soprattutto, lascia alla Giunta la piena libertà di gestire i rapporti con l’azienda “a porte chiuse”, lontano dagli occhi e dalle orecchie del Consiglio e dei cittadini.
Altro che “trasparenza” e “dialogo con il territorio”: qui si è scelto di spegnere la luce prima ancora che cominciasse lo spettacolo.
Eppure, per organizzare questo spettacolo del nulla, il Consiglio ha impegnato risorse, personale, e soldi pubblici. Un costo reale per un atto virtuale: un investimento pubblico nel vuoto pneumatico.
L’unico effetto concreto è stato quello di salvare la faccia alla maggioranza, che ha così evitato l’imbarazzo di dover chiamare Fincantieri a rispondere in aula, posizione che avrebbe costretto quei legisti di governo che siedono ai banchi della maggioranza di doversi confrontare pubblicamente con l’azienda. Insomma, sarebbe stata l’occasione per mettere “in piazza” tutti quei tavoli tanto propagandati, ma che non hanno mai prodotto nulla.
E a questo punto ci viene da pensare che il risultato nullo non provenga dall’azienda “di Stato”, ma da quella stessa maggioranza locale che ama anestetizzare il dibattito ogni volta che bisogna arrivare al dunque. Perché, vedete, il dibattito che si svolge sulla base di contenuti tecnici e pragmatici gode di una sottostruttura di contenuti, mentre la prosopopea propagandistica sa bene che può trovare terreno fertile solo nel monologo a favore di telecamere. Insomma: la politica politicante deve difendere con gli artigli gli spazi delle chiacchiere, perché discutere dei famosi “piani industriali” davanti a dati, tabelle, grafici e proiezioni potrebbe risultare alquanto imbarazzante…
Alla fine, chi sperava in un confronto pubblico, ha avuto in cambio un comunicato da ufficio stampa.
Chi si aspettava una presa di posizione politica, si ritrova con un testo di diplomazia politicante.
La sintesi? Si chiede a Fincantieri “un confronto trasparente e strutturato”, ovvero quello che si è evitato in ogni modo in questa occasione.
Si chiede alla Giunta di perseguire gli obiettivo condivisi, ovvero quelli scansati in ogni modo fino a oggi (d’altro canto un consuntivo sul tema, per questi ultimi dieci anni di governo, non si è mai visto…)
Si chiede al Governo di abrogare una norma che ha varato due anni fa, cosa peraltro già chiesta da tutte le associazioni degli esposti amianto.
Si chiede di ciclostilare questa mozione e inviarla a Fincantieri, alla Regione e al Governo… ovvero a tutti quelli che concordano le politiche industriali della grande azienda e che sono guidati da Lega e Fratelli d’Italia.
Geniale.
Conclusione?
L’elefante ha deciso di abortire.
E così il topolino, questa volta, non nascerà neppure nelle note a margine.
Con buona pace della città e dei cittadini.

Davide Strukelj
Presidente Progressisti per Monfalcone

 

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